🏖️ Recensione: Pipì nel Mare (Mar Tirreno)
Da OctoSpacc
Con l’estate ormai al suo picco, in un ennesimo agosto estremamente caldo, è praticamente d’obbligo che tutte le tradizioni della stagione siano onorate, anche quest’anno.
Dove si fanno le vacanze, anche questa volta? Ma al mare, chiaramente. Secondo voi, chi è che ha più autorità in merito: tutta quella gente sconosciuta che ogni volta, quasi agendo per inerzia, risceglie puntualmente la montagna, sperando che in chissà che modo questa ennesima volta possa essere quella buona e divertente… o l’italicissimo poeta vate, Gabriele D’Annunzio, che in particolari località di mare ha vissuto mesi estivi talmente profondi e memorabili da sentire il bisogno insopprimibile di scriverci su un’intera raccolta di liriche?
Ho passato questi giorni in una quiete profonda, disteso in una barca al sole. Tu non conosci questi luoghi: sono divini. […] Penso all’ora in cui dovrò riprendere il treno, con un rammarico indicibile. Vorrei rimanere qui, e cantare. Ho una volontà di cantare così veemente che i versi nascono spontanei dalla mia anima come le schiume delle onde. In questi giorni, in fondo alla mia barca, ho composto alcune Laudi che sembrano veramente figlie delle acque e dei raggi, tutte penetrate di aria e di salsedine. Sento che in un mese o due potrei d’un fiato, comporre tutto il volume. […] Se tu potessi immaginare le bellezze di questa marina!
(Lettera di D’Annunzio ai Fratelli Treves Editori, 7 luglio 1899)
Per quanto, come molti, sono convinta anche io del fatto che il mare — inteso come lo stare incatenati nella stessa singola località balneare scelta per la vacanza di turno — a lungo stanca, riesco in certi casi a sentire anche io in maniera particolarmente coinvolgente quell’essenza naturalista che D’Annunzio con estrema fatica ha saputo trascrivere in bellissime parole, nonostante le mie vacanze siano decisamente un po’ più piatte delle sue.
Se forse durante questa mia breve vacanza in Calabria non ho avuto modo di fare spettacolari passeggiate nella pineta, o di godere di una camminata sulla spiaggia fatta come natura comanda — senza la calca d’agosto e il sovraccarico sensoriale da questa generato — e nemmeno starmene per ore nella pace assoluta di qualche scorcio a riposare, non potevo comunque rinunciare a quell’unico momento di immersione che mi è davvero concesso.
Dopo vari di quei giorni in cui ho dovuto a malincuore decretare l’acqua a mare come insoddisfacente — troppo fredda, troppo agitata anche solo per stare a riva senza rotolare via, in generale atmosfera poco invitante — finalmente oggi tra tardo pomeriggio e prima sera le carte in tavola sono quelle giuste, che mi permettono di compiere quella mossa più agognata: la pipì nel mare.
All’inizio, la mia idea era di stare appena a riva, in maniera distratta e con la testa piena di altri pensieri. Tuttavia, l’ambiente si è in pochi minuti rivelato estremamente avvolgente per i sensi, e i miei pensieri piano piano si sono allineati alla frequenza delle onde. Seguendo questo nuovo ritmo calmo e accogliente, allora, mi spingo un pochino oltre in quel vasto azzurro, arrivando a bagnarmi fino alla vita, lì nel mar Tirreno.
Ormai sto bene nell’acqua, e negli attimi che di continuo si susseguono inizio a dimenticarmi tutte le forme, i colori, le costruzioni mentali. Il cielo sfumato di un blu caldo, un colore fresco macchiato dalle calde sfumature del sole che è ormai in procinto di tramontare, quindi mettere così fine a quest’ultima giornata di vacanza. Non percepisco tutti quegli elementi non più necessari, opere e pensieri del mondo moderno, totalmente fuori posto in un contesto tanto divino, e cancello quelle altre poche persone molto distanti da me.
Con un battito di ciglia, torno dunque indietro di centinaia di migliaia di anni, se non decine di milioni, a quando tutto il brodo della vita stava venendo preparato nell’enorme pentolone oceanico, all’interno del quale oggi non possiamo più vivere ma da cui sentiamo ancora provenire un ancestrale richiamo.
È a questo punto che, dopo che la mia mente e la mia pelle si sono totalmente unite al corpo blu, il resto della mia carne si completa in questa temporanea entità ibrida, che allo stesso tempo mi appartiene e di cui non sono nulla. Quello stimolo, tanto antico quanto lo scenario che naturalmente si è oramai assemblato, è ora l’unico pensiero definibile complesso che fa avanti e indietro tra il mio sistema nervoso e l’apparato urinario. Si viene così a costruire un bisogno che ha l’aspetto di un desiderio bramoso, ma che si inizia da solo a realizzare, come fosse quasi un dono del fato, senza uno sforzo notevole da parte mia.
Questo. Questo è il singolo unico momento in cui, nel mondo di oggi, possiamo apprezzare la semplicità di un simile gesto. Trarre pura soddisfazione da qualcosa che consideriamo scontato, e a cui non diamo in genere un briciolo di attenzione: tutte le altre volte in cui facciamo pipì abbiamo sempre qualcosa per la testa, e vediamo sempre l’atto piccolo come l’ennesima faccendina da fare di continuo, non come un piccolo meritato momento di pausa di poche volte al giorno. In prima persona io sono colpevole di questo.
In questo lungo attimo nel mare calabrese, abbastanza profondo anche ad una distanza non eccessivamente spinta dalla riva, l’unica distrazione anche solo possibile è il panorama infinito tra orizzonte e costa. Non si ignora nessun istante, ma anzi ognuno di quegli innumerevoli va ad aumentare la consapevolezza del piacere, nell’attesa di finire il lavoro; ma per poter coronare l’anticipata soddisfazione, non per fuggire via come al solito dalla tazza.
L’aspetto più gradevole dell’opera è indubbiamente il tepore del liquido ormai sprigionato, che induce al rilassamento e ci da la conferma che si, stiamo facendo la cosa più bella. Il costume da bagno è sempre al suo posto, mai mosso di un millimetro, ma non si sente affatto, non oppone la minima resistenza al mescolamento degli unici due fluidi in gioco. È il momento clou di tutto, l’apice del panismo.
Alla fine, tutto finisce, ma è bene così. Noi, esseri estremamente limitati, non potremmo nemmeno in questa situazione apprezzare un’esperienza di questo tipo, se avesse una durata diversa. A questo punto, con estrema calma, senza iniziare di nuovo a riempire la testa di inutili pensieri, mi avvio ad uscire dall’acqua, che si è fatta una certa. Ho goduto di questo momento speciale, ed è questo che conta.
Voto finale: 10/10. Un’esperienza che nella sua piacevole essenzialità è davvero inimitabile. Lo consiglio caldamente a tutti, e certamente io lo rifarei alla prossima occasione utile.
Prima di concludere, una piccola curiosità: il mare è il bagno non diviso per genere più antico del mondo. Questa particolare categoria terziaria di posti di scarico per i bisogni non li abbiamo inventati noi umani per rimediare ad errori di alcuni nostri antenati — li ha inventati la natura, ben prima che esistesse il primissimo homo sapiens!